Per il terzo appuntamento dedicato ai Tesori di Lucrezia Borgia pubblichiamo con grande piacere il contributo a firma di Elisabetta Bazzani, storica dell'arte specializzata in storia dei tessuti antichi, che nell'originario programma delle Celebrazioni per i 500 anni dalla morte della duchessa d'Este, proprio questo sabato 18 aprile avrebbe dovuto partecipare ad una tavola rotonda assieme a Lorenza Iannacci e Francesca Speranza, che hanno collaborato alla pubblicazione curata da Diane Ghirardo dell’edizione critica degli inventari delle gioie e del guardaroba di Lucrezia Borgia custoditi in Archivio di Stato, per illustrare alcuni specifici aspetti emersi dall’esame dei documenti.
La possibilità di condividere con voi alcune anticipazioni di questo intervento dedicato alla moda, così ricco e accurato, colma l'impossibilità di svolgere il previsto incontro sul tema, che verrà comunque riproposto non appena vi sarà il modo di riprendere le attività in programma. Ringraziando Elisabetta Bazzani per questo graditissimo omaggio, vi lasciamo ora gustare nelle sue parole questo affascinante assaggio di storia sulla moda e i tessuti del XVI secolo.
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Fra gli inventari del guardaroba di personalità di alto rango a noi pervenuti, un ruolo di primo piano spetta a quello di Lucrezia Borgia per l'eccezionale documentazione del patrimonio dotale che la giovane sposa di Alfonso d'Este aveva portato da Roma nel 1502, arricchito nel corso dei due anni successivi, come si può constatare scorrendo le pagine dalla 6 alla 65 (v. nota 1) del volume I Tesori di Lucrezia Borgia D'Este, a cura di Diane Ghirardo, con la collaborazione di Lorenza Iannacci e Francesca Speranza, Modena, Golinelli Editore, 2019. Conservato nell'Archivio di Stato di Modena (Archivio Segreto Estense), questo inventario, riprodotto a stampa in un numero limitato di copie già nel 1903 dal milanese Luca Beltrami, sotto lo pseudonimo di Polifilo, è stato ora riproposto in una versione integrale e criticamente corretta di agevole consultazione. Grazie all'attenta analisi della scrittura, definita da Iannacci-Speranza «umanistica, elegante, posata», siamo oggi a conoscenza che la redazione del registro, avviata nel 1502, si è protratta per mano dello stesso funzionario fino al febbraio 1504, mentre un secondo revisore solo in quell'ultimo anno è intervenuto con sporadiche integrazioni.
Come è noto, l'eleganza consiste nel numero e nella qualità dei capi d'abbigliamento e Lucrezia ne vantava addirittura un centinaio nel suo guardaroba. Per prime sono elencate oltre cinquanta Gonele (o gonelle), termine che sta a indicare un importante abito intero composto dalla gonna lunga fino ai piedi e corpino scollato, chiamato anche camorra nei documenti, prevalentemente confezionata in velluto, raso, broccato, ma anche in broccatello, ermesino, tabino. Pur non essendo sempre di facile interpretazione, poiché le accezioni erano soggette a varianti linguistiche regionali, le sintetiche descrizioni forniscono interessanti informazioni sia sulla scelta delle stoffe, sia per il loro abbinamento cromatico. L'elenco si avvia con una preziosissima gonella de brochato rizo sopra rizo, con lo fondo d'oro tirato, con fodra de tafeta turchino e manege large, a la francexe fodrate de raso cremixino; seguita da altre egualmente raffinate, contraddistinte per varianti e combinazioni, fra cui si segnala la gonella di veluto cremesino con liste e pedana de trepe di raso bianco perfilato de oro de canotiglio, con manege large tagliate, ligate con cordoni di seda bianca e con fodera d'armelino nelle maniche. Non mancano modelli meno ricchi, ma non di minor eleganza, come la gonnella tessita a liste de oro tirato e veluto cremesino, fodrata di tella rossa o la gonela de veluto negro e raso negro fata a liste strette con mezze manege, fodrata de tella nera. Seguono le Baschine, fra cui si evidenzia quella de brochato fata a zironi de brochato bianco e veluto negro, con manege de zipone fodrate de tafeta negro, el corpo de tella negra; poi le Sotane, presumibilmente indumenti da indossare sotto a una sopraveste, più semplici quindi delle gonele e delle baschine, di cui se ne contano solo cinque e una di esse è di pano rosato listata de raso pavonazo. Particolarmente sfarzoso, fra gli Abiti registrati nell'inventario, è quello de brochato rizo sopra rizo como el fondo d'oro tirato in campo negro guarnito de raso bianco taiato, con manege large aperte ligate con cordoni di seda biancha, fodrato de raxo biancho. Sono presenti anche 13 esemplari di Faldiglie – un tipo di indumento di origine spagnola, imbottito – diversificate fra loro per i tessuti: raso, tabi (una specie di taffetas ondato), velluto e persino panno; le tinte ricorrenti sono: cremisi, cioè un rosso vivo e intenso, nero, celestro ovvero un tipo di azzurro, bianco, incarnato, berettino, un grigio azzurro tendente al bruno. Che i colori scuri, sopratutto il nero abbinato all'oro, fossero quelli prediletti da Lucrezia è cosa nota. In una lettera inviata da Ferrara al marito Federico Gonzaga, marchese di Mantova, Isabella d'Este, presente all'entrata della sposa in città, il 2 febbraio 1502, racconta che «havea una camora cum manighe larghe a la francesa de tela d'oro, et raso morello intersecato a liste insieme» (la camora è sinonimo di gonela, mentre le liste sono strisce o bande).
Sebbene siano pervenute varie testimonianze sulle parures di Lucrezia, grazie alle descrizioni fornite da altri scrupolosi cronisti e corrispondenti fedeli, fra cui il veneziano Marino Sanudo, il ferrarese Bernardino Zambotti e il parmense Nicolò Cagnolo, per avere una conoscenza visiva della costruzione sartoriale e cromatica di una gonela, il dipinto più affidabile, fra quelli pervenuti, è un ritratto per mano di Bartolomeo Veneto che si trova in The Snite Museum of Art a South Bend nell'Indiana, che sebbene dedicato alla beata Beatrice II d'Este, vissuta nel XIII secolo, si ritiene abbia le sembianze di Lucrezia all'età di circa quindici-sedici anni, anche se intorno al 1510, epoca in cui si data il quadro, lei era ormai trentenne. L'attribuzione trova inoltre conferma negli elementi vestimentari, che presentano affinità sia con quelli descritti dai cronisti sia con quelli registrati nell'inventario estense. Il tessuto nero, abbinato a liste d'oro dell'abito è certamente un raso o un velluto: tessuti differenti fra loro, ma non facili da distinguere nella loro trascrizione pittorica. Proprio per il fatto che gli esemplari tessili sopravvissuti sono piuttosto rari, non solo perché privi di decoro e pertanto meno pregiati, ma piuttosto a causa della loro poca resistenza nel tempo, dovuta al trattamento di colorazione a cui era sottoposta la seta, che richiedeva l'impiego di sostanze corrosive ricche di tannino e polvere di ferro. Più era nera e più sarebbe stata corta la vita della stoffa. E' quindi eccezionale la presenza di due frammenti di velluto nero cinquecentesco nella collezione tessile del conte Luigi Alberto Gandini, ospitata dal 1886 in una sala del Museo Civico di Modena, che conta oltre duemila esemplari tessili.
Nella Gandini si trova anche un raro esemplare di raffinata eleganza e complessità di lavorazione, il cui nome tecnico è lampasso lanciato. Si tratta di un pregiatissimo tessuto d'oro il cui disegno, purtroppo incompleto date le ridotte dimensioni del frammento, rientra nella tipologia a melagrana con schema a maglie dai grossi tronchi levigati, tecnicamente ottenuto lasciando trasparire una sottile linea di tessuto di base in raso, che sembrerebbe avere qualche affinità con la «sbernia de oro tirato, rizzo, alto e basso, tutta aperta da un canto, fodrata de armellini..», ovvero il ricco mantello che indossava la giovane Lucrezia nel giorno del suo arrivo a Ferrara. Tuttavia il termine usato da Isabella d'Este non trova riscontro nel corredo della Borgia, dove invece sono elencate circa una ventina di Roboni e Tavardi, entrambi alla spagnola, che pur con accezioni diverse si presume fossero simili alla sbernia. Quale fosse la loro foggia non è dato sapere dalle sole descrizioni storiche. É infatti comprensibile che fosse sufficiente all'epoca indicare semplicemente il nome dell'indumento, mentre le specificazioni erano riservate ai colori e al genere di stoffa.
Poiché fino a oggi non sono pervenute altre testimonianze pittoriche che ritraggano Lucrezia con una sopravveste, volgiamo l'attenzione a un'altra giovane di alto rango: la principessa Eleonora d'Aragona, figlia del re del Portogallo e nipote di Alfonso re di Napoli, ritratta dal Pinturicchio fra il 1505 e il 1507 nel duomo di Siena (libreria Piccolomini). Ben informato sugli elementi vestimentari alla moda e profondo conoscitore dei tessuti, il Pinturicchio ci ha permesso di conoscere la fattezza e la qualità di uno dei modelli di sopravveste, da abbinare alla gonela, che non è azzardato ricondurre a quelli indicati nell'inventario estense come roboni e tavardi a la spagnola. Ancora più preziose sono infine due Mantiglie foderate di ermelini, ma non tanto per la qualità del tessuto – raso pavonazo e raxo cremesino – quanto piuttosto per la presenza di lavorazioni in oro e soprattutto per l'impiego di rubini, balassi, diamanti, oltre a numero esorbitante di perle grandi, medie e piccole.
Elisabetta Bazzani
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Auspicando di avervi intrattenuto piacevolmente pur trattando temi complessi, ricordiamo, come già detto, che il nostro intento è offrire pillole e brevi assaggi del contenuto di un volume del tutto peculiare, costituito da varie parti: una rigorosa edizione critica di documenti conservati nell’Archivio di Stato di Modena, una disamina storica sul tema dei gioielli, acconciature e mode rinascimentali, un ricco apparato di immagini a colori di oggetti museali d’epoca o tratte da opere pittoriche del periodo indispensabili per apprezzare meglio il tema trattato.
Per una completa lettura, il libro è acquistabile contattando Lapam Confartigianato Modena - Reggio Emilia: tel. 059 893 111 o mail: elena.baraldi@lapam.eu
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Elisabetta Bazzani, dopo la laurea in storia dell'arte presso l’Università di Bologna con una tesi sui tessuti antichi, ha approfondito la conoscenza della tecnica tessile al Centre International d’Étude des Textiles Anciens di Lione (CIETA). Ha lavorato all’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna e all'Istituto Superiore d'Arte Venturi di Modena. È coautrice dei cataloghi della Collezione tessile Gandini del Museo civico modenese; collabora con L'Indice dei Libri del Mese di Torino e con la rivista Jacquard della Fondazione Lisio di Firenze.
Note
1: Inventario del guardaroba (1502), cc. 1-33 (pdf)
Riferimenti bibliografici
La Collezione Gandini. Tessuti del Medioevo e del Rinascimento, a cura di Marta Cuoghi Costantini e Iolanda Silvestri, Bononia University Press, Bologna 2010, pp.174 e 418; nn. 96 e 657
Lettera di Isabella d'Este al Marchese di Mantova suo marito. Da Ferrara, li 2 Febbraio 1502, in Carlo D'Arco, Notizie di Isabella Estense Gonzaga, “Archivio storico italiano”, n.11, 1845, p 304
Della vasta bibliografia prodotta su Lucrezia Borgia ci limitiamo qui a segnalare alcuni note e fondamentali opere legate all'argomento della rubrica:
Tamalio Raffaele, “Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara”, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66, 2006 (link)